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 Due-Marco De Luca (Heart of glass)


Marco De Luca: professione cantautore dalle spiccate armonie pop-wave, che spaziano dal bagliore plastico del 1985 di Head and the Door allo sgargiante strappato 1992 di Wish. Sì esatto i due album più armonici dei Cure, di cui De Luca è, senza ombra di nota, grande estimatore. Ed in un certo senso le dinamiche della sei corde le ritroviamo come un aura costante che balena sopra le nostre orecchie: atmosfere melanconico-dolci, spruzzate da ballate orecchiabili e dal forte concentrato radiofonico alla Sunny Afternoon.

Si rischierebbe far un torto allo stesso De Luca, affermare che la propria musica sia trapianta pari pari dalle proprie passioni: il tocco personale lo si evince subito, proprio dal ”non calcare la mano” in una wave mulatta divisa tra chorus gommosi e liriche ben sviluppate, che non approdano mai alla solita retorica pop commerciale. Due è certamente un ep ben confezionato ed arrangiato, che non vuole sobbarcarsi crittogrammi complicati o misteriosi: caramella dolce e lenitiva per un ascolto che non sarà nè ossessivo, nè troppo impegnato.

In Leggero, brano di punta dell’ep, ci sento un pizzico di brit-pop alla Jarvis Cocker (Pulp), nonostante l’intro ammicchi a Just Like Heaven. Tuttavia l’ evoluzione della canzone prende una piega inaspettata, e De Luca racconta di quegli “amori” veloci, senza rimpianti e senza broken hearts: un bel knockout alle solite ballate italiane strappalacrime e sentimentalmente noiose. Niente merce contraffatta per teenagers lunatici …
Il modo di scrivere dell’autore sembra preso dalla scuola britannica: asciutto, spensierato, fatto d’immagini che una dopo l’altra messe vicine, racconta una storia. Lungi dall’essere concept e tantomeno un caustico e mentale cut-up.

L’Abbandono apre con la cromia accesa degli archi, per creare un atmosfera sospesa dall’eco vocale che si fa man mano preponderante; peccano forse un poco di retorica le liriche, appiccicose ma versatili a seconda degli umori dell’ascoltatore, che potrebbe ritrovarcisi nei racconti di vita vissuta.  I sospiri di Oltre la fine stemperano e confondo eventuali nostalgie darkeggianti, tuttavia persiste un vacuo lasciarsi trasportare oltre le nuvole dei ricordi d’infanzia, con un pizzico di penombra a far da pepe ad un brano ben costruito. Si scivola  in scenari sempre più evocativi che la memoria tiene gelosamente per sè: come polaroid svuocate ma che sanno disegnare una sorta di svuotamento dell’anima e di rimpianto, ma di quello positivo dal sorriso sulle labbra.
Ecco che si chiude con Senza Vento, e l’orecchio s’accende a ricordare quasi quasi lo stile chitarristico di Porl Thompson, un prestito ben fatto, senza brandelli di falsità, nel quale la spunta una mielina dal retrogusto mediterraneo, a rimarcare un modus operandi lucido e coerente.
Buona prova, lineare, senza strappi … da valutare un l’idea di un full leght!

 

contatti:http://www.rockit.it/marcodeluca

http://www.lastfm.it/music/Marco+De+Luca

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