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Noste, spiazzante nella "Sabbia" (Recensione Di G.P.Laffranchi)


Richiede tempo, la “Sabbia” di Noste. Poi entra sotto pelle, si lascia assorbire e non se ne va più. Stefano Gamba, ha firmato musica ricca di cura e di spunti. Forma levigata per un contenuto brillante. Il packaging particolare, con le illustrazioni improntate alla tecnica del “Sand painting” si sposa al progetto realizzato negli studi de L’Ottava con la produzione artistica di Max ComincinI.

“Mercy” è un’apertura insolita. Così lenta, rotonda. Così simile al finale ideale d’un disco. Ma proprio qui sta l’originalità di Noste che cerca fra tappeti morbidi una prospettiva spiazzante e trova un interludio da brividi in quel “blue Monday”, breve ma intenso, che in lakota si scrive “Otehi”.
La lingua che conosce meglio comunque è il viaggio, ora galleggiando una slide indolente, ora guardando fuori dal finestrino con tutta la malinconia accesa da “L’Interruttore”. Il giorno tramonta e con l’oscurità il ritmo cresce, anziché scemare: “Una Splendida notte” è un balsamo per l’umore. Scacciate le paure da un ritornello che ha il sole nel cuore (e da un riff che resta scolpito nella mente), ci si ritrova distesi sulla “Sabbia”.
La title-track è suadente, avvolgente. Orecchiabilità che seduce, prima dell’incanto di “Una vita più in là”. Il violoncello di Daniela Savoldi rammenda frammenti di un amore assopito. “Il Mangianotte” poi, alza le serrande e quel che ne esce è una luce accecante, con la melodia che si fa largo come in un classico dei Rem (Affiorano echi di “Nightswimming”). Ma si balla? Anche. “Già” è la “Faith” di Noste. Più funky di George Micheal, esige scarpe comode. “Noi due” è il giorno più bello del disco. Percussioni evocative, scintille su sei corde. Ormai si va di saliscendi, visto che “la barista” torna a scaldare gli animi. Quel tormentone estivo che piace, anche se finirà: cambio di passa e “Uhni Wana” addolcisce l’atmosfera prima di una ballata cristallina. Applausi per il cerchio che si compie “Sempre”. Chiusura lenta, rotonda e profonda.

Recensione di Gian Paolo Laffranchi
Rubrica “Giovani Suoni”
Bresciaoggi 21 gennaio 2015






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